Mare Fuori e l’effetto streaming

La programmazione televisiva generalista in chiaro dopo Sanremo 2023 torna alla sua piatta normalità e si apprezza ancora di più la ricca offerta delle emittenti in streaming. Da abbonato Netflix sto apprezzando la serie La legge di Lidia Poët e guardo film.

Ma anche le altre piattaforme come Paramount Plus, Disney Plus e Amazon Prime Video sono ormai una consolidata alternativa alla TV gratuita.

I grandi numeri di ascolto di Sanremo 2023, da una parte dicono che la platea di telespettatori è ancora vastissima ma dicono anche che durante tutto l’anno la frammentazione degli ascolti è tale da confermare che la maggior parte del pubblico televisivo, mega eventi a parte,  oggi ha bisogno di scegliere cosa guardare in televisione quando vuole e come vuole.

Anche Rai Play sta beneficiando dell’effetto streaming sul pubblico italiano. L’esempio più eclatante è il rilancio in streaming su Netflix delle prime due stagioni di Mare Fuori che erano state già trasmesse su Rai 2 con un ascolto medio tra il 7 e il 7.5% di share. L’attesa per la terza stagione è stata alimentata anche dal passaparola dopo il rilancio su Netflix.

E, con una azzeccatissima strategia, la Rai ha proposto in streaming su Rai Play tutti e 12 gli episodi di Mare Fuori 3 (6+6 a distanza di una settimana), generando un effetto molto significativo anche sui social media caratterizzato principalmente dalla pubblicazione di spoiler da parte dei fan più accaniti che non hanno saputo trattenere l’entusiasmo.

I primi due episodi di Mare Fuori 3, trasmessi da Rai 2 il 15 febbraio 2023, hanno registrato il 7.2% di share (tra il milione e 200 mila ed il milione e 300 mila spettatori).

Ma la cosa significativa è che, leggendo i social media, sono molti i giovani telespettatori che stanno recuperando le prime due stagioni su Netflix perché sono abituati a guardare l’offerta di quella piattaforma (tra questi c’è mia nipote Beatrice, 24 anni, che sottoscrive questo post).

E anche il successo su Rai Play ci dice inequivocabilmente che lo streaming è una realtà da cui molti telespettatori non possono più prescindere.

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Due righe due su La legge di Lidia Poët

La legge di Lidia Poët su Netflix. La serie scorre liscia. Si guarda con piacere. È sempliciotta nella trama e nello sviluppo dei casi “crime” ma ogni episodio è gradevole. Costumi, location e scenografie bellissime e di alto livello.

Anche il dettaglio di una molletta per stendere il bucato è ben curato. Matilda De Angelis, Pier Luigi Pasino, Eduardo Scarpetta, Dario Aita e tutti gli attori del cast fanno un ottimo lavoro su ogni personaggio. Serie italiana che piacerà anche all’estero.

Matilda De Angelis è, per me, una rivelazione. Sarà che la parte sembra scritta su misura per lei, sarà che mi aveva dato fastidio non poco la sua partecipazione a Sanremo 2021, invece ho scoperto una interprete nuova e moderna. Un volto che buca lo schermo.

Gli episodi da 40 minuti volano  che è un piacere. Per me è già cult la scena in cui Lidia va al monte dei pegni per scambiare un vaso d’autore, regalatole dal non fidanzato, con una bicicletta e subito la inforca per impara a guidarla. Grande Matilda!

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“Strappare lungo i bordi” è un “Adrian la serie” che ce l’ha fatta. Zerocalcare batte Adriano Celentano 10 a 0. Netflix (e la tv in streaming) batte Mediaset (e la Rai) 10 a 0.

Strappare lungo i bordi, la serie di Zerocalcare su Netflix, è un piccolo capolavoro. Non sono un fan in delirio per Zerocalcare ma i sei episodi di questa serie meritano di essere considerati un prodotto televisivo di alta qualità.

Le emittenti in streaming sempre più spesso propongono ciò che le emittenti generaliste in chiaro non hanno il coraggio di proporre e “Strappare lungo i bordi” è l’ennesima dimostrazione che la creatività televisiva per essere considerata tale deve saper essere figlia del proprio tempo in modo che il telespettatore possa viverla.

L’universo della scrittura di Zerocalcare è stato e sarà analizzato negli anni a venire ma secondo me a rendere la sua prima serie televisiva un nuovo punto di riferimento per chi fa tv è il confronto con Adrian di Adriano Celentano. Mentre guardavo “Strappare lungo i bordi” ho pensato a “Adrian la serie” trasmessa nel 2019 da Canale 5. La graphic novel animata di Adriano Celentano è stata un flop (di pubblico e di critica) sulla rete ammiraglia Mediaset. Nonostante il budget di lusso con i contributi professionali di Milo Manara, Vincenzo Cerami e Nicola Piovani, solo per citare i nomi altisonanti, la “serie evento” non ha lasciato il segno nella storia della televisione, anzi, è finita nel dimenticatoio. Il progetto mega galattico di Adriano Celentano aveva un linguaggio per nulla dinamico ed una struttura per nulla calata nella realtà che il telespettatore vive giorno per giorno. “Adrian” puntava sulle tematiche sociali planetarie, “Strappare lungo i bordi” ti fa vivere le tematiche sociali di quartiere, quelle che affronti o hai affrontato tutti i giorni. In questo senso, Zerocalcare batte Adriano Celentano 10 a 0. “Strappare” ha un ritmo eccezionale, un linguaggio immediato ed una struttura filmica contemporanea di facilissima lettura. Una storia ben chiara, personaggi che sono già cult dopo pochi minuti, sei episodi da 22 minuti che volano come è indispensabile per rendere appagante il binge watching. “Strappare” è una esperienza emozionale contemporanea che con concreta leggerezza fa riflettere e con precisione chirurgica diverte. Metterla a confronto con la serie di Adriano Celentano è, dal mio punto di vista, la dimostrazione che anche quando si hanno idee innovative, a fare la differenza sono il chi, il come, il quando, il dove ed il perché vengono messe in pratica.
“Adrian la serie” era di una pesantezza demotivante, mal confezionata (9 episodi da oltre un’ora ciascuno) e trasmessa sul canale sbagliato, quel Canale 5 che più di tutti ha contribuito all’impoverimento e all’appiattimento dei contenuti televisivi italiani. La televisione generalista continua a ripetere sempre gli stessi programmi, sempre per lo stesso pubblico. E quando cerca di rinnovarsi, lo fa con linguaggi, programmi, autori ed interpreti di una tv vecchia destinata ad un pubblico vecchio. In questo senso, Netflix (e con lei tutte le emittenti in streaming) batte Mediaset 10 a 0 (e con lei la Rai e tutta la tv generalista in chiaro).

Don Matteo su Netflix Italia: sono seriamente preoccupato

Caro co-founder and Ceo di Netflix Reed Hastings, sto per festeggiare 2 anni da abbonato Netflix Italia ma non so se devo festeggiare. L’arrivo di Don Matteo alimenta l’inquietante interrogativo: Netflix is the new Rai? Si, no, forse.

Il Governo Gentiloni, su proposta del ministro della cultura Dario Franceschini, ha approvato un decreto, a tutela delle opere cinematografiche e di fiction italiane, che obbliga le emittenti televisive ad aumentare gli investimenti e la programmazione delle produzioni italiane. Obblighi ritenuti insostenibili dai principali broadcaster italiani.

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Gypsy di Netflix stagione 1: tante situazioni aperte, troppe

Ho imparato a non fidarmi delle mie prime impressioni sulle serie originali Netflix. Troppe volte delle serie che promettevano benissimo mi hanno deluso: due su tutte Tredici (la finirò ma non smanio di farlo) Stranger Things (interrotta e non la finirò). Gypsy prometteva scintille ma poi si è rivelata una fiammella fioca. La storia principale ha tentato il decollo senza riuscirci e si è arenata in una estenuante ricerca del brivido soft-core senza mai raggiungerlo.

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Gypsy di Netflix: prime impressioni dopo 3 episodi 

La doppia vita e identità della psicoterapeuta Jean Holloway che ha una attrazione tanto fatale quanto potenzialmente molto pericolosa per la ex di un suo paziente. Gypsy, la serie di Netflix interpretata e prodotta da Naomi Watts, intriga fin dal primo episodio nonostante l’apparente lentezza. La bravura della protagonista è tale da sostenere anche i momenti in cui la scrittura fatica a prendere ritmo. Gli episodi da 50 minuti comunque scorrono e ho l’impressione che la misura dei 10 episodi a stagione sia quella giusta. Il limite può essere l’incrocio tra le storie dei pazienti di Jean e la storia di Jean madre e moglie che ha deciso di sdoppiarsi in Dianne alla ricerca del brivido “oscuro”. I casi che Jean deciderà di risolvere entrando nelle vite dei suoi pazienti saranno all’altezza del caso principale, il suo? Vedremo.


Reed Hastings al Mobile World Congress 2017: musica per le mie orecchie di abbonato Netflix 

Caro co-founder and Ceo di Netflix Reed Hastings, sono un abbonato di Netflix Italia sempre più convinto di esserlo. Ieri sera ho iniziato a vedere American Crime Story Il caso OJ Simpson che, nonostante l’interesse, non ho voluto seguire su Rai 4 con le modalità settimanali e ad orario fisso della tv generalista gratuita.

Quello che pago a Netflix mensilmente vale anche solo perché elimina il pensiero di avere giorni ed orari fissi per guardare una serie o un film. nei giorni scorsi sei stato il protagonista principale dei keynote del Mobile World Congress 2017 che si è appena concluso a Barcellona.

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You Me Her: su Netflix la stagione 1 della commedia romantica sul poliamore bello e possibile

Caro showrunner di You Me Her John Scott Shepherd, ieri mentre finivo il binge watching su Netflix Italia della stagione 1, negli Usa su Audience Network andava in onda il primo episodio della stagione 2 della tua serie romantica sul poliamore. Ieri era il giorno di San Valentino e quindi anche il giorno dei protagonisti di You Me Her.

Quella che apparentemente potrebbe sembrare una serie erotico-pruriginosa su un triangolo moglie-marito-escort (interpretati dagli ottimi Rachel Blanchard, Greg Poheler e Priscilla Faia) è invece una commedia romantica scritta molto bene: divertente, intrigante a tratti profonda.

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The Crown di Netflix: i tweet di Caro Televip

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The Crown di Netflix: ti aspetti il polpettone e ti ritrovi davanti ad una serie da binge watching

Caro co-founder and Ceo di Netflix Reed Hastings, dopo 4 mesi difficili, il mio rapporto con Netflix Italia è tornato ad essere di piacevole complicità. Nei 4 mesi passati ho continuato a pagare l’abbonamento ma con una certa insoddisfazione.

 

A farmi tornare il gusto di premere l’icona Netflix sulla mia smart tv è stata la vostra serie originale The Crown. Inutile dire che avevo molte perplessità preventive.

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