Caro co-founder and Ceo di Netflix Reed Hastings, sto per festeggiare 2 anni da abbonato Netflix Italia ma non so se devo festeggiare. L’arrivo di Don Matteo alimenta l’inquietante interrogativo: Netflix is the new Rai? Si, no, forse.
Il Governo Gentiloni, su proposta del ministro della cultura Dario Franceschini, ha approvato un decreto, a tutela delle opere cinematografiche e di fiction italiane, che obbliga le emittenti televisive ad aumentare gli investimenti e la programmazione delle produzioni italiane. Obblighi ritenuti insostenibili dai principali broadcaster italiani.
Non ho letto ancora una presa di posizione di Netflix ma se l’inserimento della fiction di Rai 1 con Terence Hill è un vostro segnale di adesione in anticipo dell’imposizione governativa, direi che il ministro può stare tranquillo. Cosa rappresenta a mio avviso una fiction come Don Matteo per la televisione italiana l’ho già scritto. Come abbonato Netflix sono seriamente preoccupato. Da domani metterete on line la stagione 1 di Suburra la serie, la prima produzione italiana originale Netflix. Al momento non siete in grado di produrre più di una/due serie italiane originali. Per rispettare il decreto Franceschini quindi dovrete acquistare serie italiane da altre tv. Visto che la Rai e Mediaset ne hanno i magazzini stracolmi ho il timore di ritrovarmi sommerso da Provaci ancora prof!, Distretto di Polizia e altre delizie televisive del genere. Come abbonato fin dal primo giorno di Netflix Italia, sento di non meritarlo. Lo stesso problema lo avranno gli abbonati di Sky. In tal senso ritengo significativo questo tweet del responsabile dei contenuti non sportivi di Sky Andrea Scrosati:
“Tante serie tv non significa belle serie tv il che è invece l’unica cosa che conta. E tutto parte come sempre dalla scrittura”.
Siamo in molti a pensare che questa legge potrebbe portare le tv italiane a produrre una grande quantità di serie tv a scapito della qualità. La preoccupazione diventa ancora più preoccupante: rimpiangerò Don Matteo?
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Aggiornamento delle ore 21.30
COMMENTO DI CARATTERE GENERALE.
Si tratta di uno dei tanti sintomi che dimostrano la crisi della RAI. Persiste il monopolio delle vacue apparizioni di pseudo scrittori e giornalisti: vedi Bruno Vespa, con un contratto da artista per aggirare il tetto massimo di retribuzione e Saviano che attinge i suoi pseudo romanzi dalle cronache giudiziarie.Gli Italiani devono avere uno scatto di orgoglio e non guardare la tivù nostrana per un certo periodo di tempo: qualcosa allora cambierebbe.
Saluti
Giuseppe C. Budetta