Quando le storie di cronaca nera raggiungono un livello altissimo di drammaticità come nel caso di una quattordicenne uccisa da un diciannovenne che non accettava di essere lasciato, non c’è registro giornalistico che possa ritenersi adeguato.
I giornalisti fanno il loro mestiere: raccontano i fatti.
Ma da telespettatore vivo con profonda ripugnanza ogni racconto giornalistico delle emittenti televisive pubbliche e private che riguarda i casi di cronaca nerissima e in questo caso vado oltre la ripugnanza.
La messa in onda del filmato delle telecamere di sorveglianza in cui si vedono i due ragazzi insieme pochi minuti prima dell’omicidio è per me inaccettabile. Il diciannovenne che si mette le mani in testa probabilmente dopo aver provato per l’ennesima volta a convincere la quattordicenne a tornare con lui, la ragazza che gli porge un bicchiere, lui che lo rifiuta e poi i due che si dirigono insieme verso un altro luogo dove avverrà l’omicidio. Ho visto questa scena in tutti i tg, in tutti i programmi, non certo per voyeurismo ma solo per confermare la mia ripugnanza verso la scelta di trasmettere quelle immagini. È certamente diritto di cronaca, ma la sensibilità di una persona emotivamente impressionata da quelle immagini non può non vederle proseguendo nella propria mente fino ad immaginare il tragico finale.
Ci si ferma a pensare a quello che sarà accaduto e nello stesso tempo rivedi anche nella tua mente quella scena in cui lei offre il bicchiere a lui e lui con le mani alla testa, una testa in cui, viene da pensare a chi guarda, già balenava l’intento omicida.
Ecco perché trovo ripugnante questo diritto di cronaca televisiva.