Cara Nadia Toffa, quando Italia 1 annuncia un nuovo talk show generazionale comincio a ridere fino a quando non vedo i primi dieci minuti della prima puntata dopodiché comincio a ridere a crepapelle con i lacrimoni agli occhi come è puntualmente avvenuto con il tuo nuovo programma Open Space (la domenica in prima serata su Italia 1).
Il merito in questo caso è tutto tuo perché dal resto del programma non mi aspettavo alcuna novità visto che è una specie di Zecchino D’Oro delle Iene in cui delle giovani aspiranti Iene pongono delle domande fatte dalla rete al personaggio del momento sul tema della settimana. Non è così che la tv generalista uscirà dalla crisi di idee e diventerà moderna.
Solo il conduttore oggi fa la differenza in programmi tutti uguali e Italia 1 ha pensato che tu avresti potuto farla. Niente di più sbagliato. L’idea della giovane conduttrice sprint e brillante nei talk show per i giovani è stata già ampiamente rappresentata da Victoria Cabello, Sabrina Nobile e in due occasioni da Ambra Angiolini (sia ad Italia 1 che a Mtv) e tu sei lontana anni luce dalla loro capacità di incollarmi allo schermo. Domenica però ho voluto darti una prima ed ultima occasione di dimostrare che Tu si que vales come conduttrice di talk show.
Ho seguito la tua intervista al vice presidente del Senato e rappresentante del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio. Con il tuo caschetto biondo alla “nessuno mi può giudicare nemmeno tu”, hai fatto da tramite tra le domande provenienti dai social network ed il politico, il più delle volte annuendo a qualsiasi sua affermazione e in una occasione chiedendo al pubblico di fargli un applauso perché “complimenti! Gli facciamo un applauso! Questo mi piace” (la domanda era: ma lei farebbe battezzare suo figlio da un prete che lei conosce e che sa che è gay? Risposta: perché no). Era dai tempi d’oro di Pippo Baudo che non vedevo un conduttore tv chiedere al pubblico di fare l’applauso ad un ospite.
Cara Nadia Toffa, ma è stato un fastidioso atteggiamento che ti ha fatto entrare nella mia lista delle “insopportabili”. Per mostrarti nelle vesti di conduttrice giovane, brillante e simpatica, al momento di fare una domanda “cattiva” (maddeché!) a Di Maio hai assunto una posizione insolita per un conduttore, piegandoti verso di lui con il busto in avanti quasi a 90 gradi, con le braccia incrociate dietro la schiena e la faccia a pochi centimetri di distanza dal volto del vice presidente del Senato della Repubblica Italiana. Poi, muovendo la testolina come una bambina che fa la domandina cattivella sul passaggio alla maggioranza di alcuni senatori dell’opposizione, gli hai chiesto “ma lei non ha paura che anche qualcuno dei 5 Stelle possa diventare un voltagabbana, che venga comprato?”. Cara Nadia Toffa, per me la prima impressione su una conduttrice è quella che conta e tu alla prima puntata di Open Space mi hai fatto una brutta impressione. Così come non mi hai fatto una bella impressione nella intervista che hai rilasciato a Diego Odello di Tv Blog – Blogo, in occasione della presentazione del programma alla stampa.
Alla domanda “Sei giornalista pubblicista o giornalista, giornalista?”, hai risposto “No. Faccio la giornalista ma come lavoro. Non ho il titolo”. Ecco, infatti, non mi spiegavo perché tu potessi fare da testimonial pubblicitaria del prodotto commerciale Linkem per navigare in internet, sapendo tutti i limiti che hanno i giornalisti per prestare il proprio volto agli spot pubblicitari.
Non credo che serva l’iscrizione all’albo dei giornalisti per fare dei buoni servizi e tu nei sei la dimostrazione visto che nel 2015 hai ricevuto il Premio Ischia come “giornalista dell’anno per la tv”, con la seguente motivazione:
“Autrice di reportage di raro coraggio ed efficacia per Le Iene : dal malcostume italiano nel mondo del lavoro ai danni delle donne, alle truffe sanitarie, fino alle pericolose inchieste sul campo sull’Isis e chi rischia la vita per combattere il terrorismo. Servizi , inchieste, reportage profonde, acute e spesso emozionanti, realizzate con impegno, fantasia e grande onestà intellettuale”.
Ricevere uno dei più importanti premi giornalistici italiani deve essere davvero una grande soddisfazione per una che non ha il titolo di giornalista. Così come essere chiamata dal Festival del Giornalismo a fare da speaker alla conferenza intitolata: “Donne e bambini come merce di scambio: Le Iene sul piede di guerra”. Cara Nadia Toffa, non serve avere il titolone di giornalista professionista per fare delle buone inchieste televisive. Ne è un esempio Milena Gabanelli di Report (Rai 3), la mamma della “generazione videomaker” simbolo del giornalismo d’inchiesta fatto da freelance che girando con la telecamera personale hanno cambiato il modo di fare giornalismo in tv. Milena Gabanelli è “solo” giornalista pubblicista ed è stata bocciata all’esame per diventare giornalista professionista come racconta lei stessa:
“Ma io l’ho dato l’esame (di stato, nel 1999 ndr). Solo che sono stata bocciata all’orale. Giustamente: mi hanno fatto dieci domande e io ho saputo rispondere soltanto a una. Confesso che non è stata una bella esperienza, tanto più che con me c’erano alcuni dei miei allievi degli stage di formazione al giornalismo che sono stati tutti promossi. Purtroppo, non ho tempo da trascorrere sui libri, né di mandare a memoria il Franco Abruzzo, quindi non credo che ci riproverò. Pazienza, resterò pubblicista a vita” (da Cinquantamila Giorni: la storia raccontata da Giorgio Dell’Arti su cinquantamila.corriere.it).
Cara Nadia Toffa, io però ti invito a diventare giornalista professionista così non ti vedrò più fare uno spot come quello di Linkem in cui vestita da Iena fai le interviste ai fortunati utenti di Linkem e con il peso dell’influenza da Iena inviti i telespettori:
“con Linkem navighi bene e ti conviene! E chiama! Nooo!”.
Quanto stona quello spot con il tuo curriculum impegnato. Quanto è brutto quel tuo modo di rivolgerti direttamente alla telecamera “con Linkem navighi bene e ti conviene! E chiama! Nooo!”, che fai calare sul telespettatore con tutto il peso della tua autorevolezza di Iena della tv e di non giornalista premiata per le tue inchieste di ben altro spessore. Cara Nadia Toffa, sei una promessa dell’informazione televisiva e puoi tranquillamente continuare a fare inchieste e contemporaneamente condurre programmi in studio. Fossi in te però controllerei di più la postura (tenendo conto anche della prossemica), non farei più spot televisivi dicendo alle persone “E chiama nooo!” e proverei a fare meglio di Milena Gabanelli superando l’esame da giornalista professionista. E provaci! Nooo!