Caro Giovanni Floris, per un po’ forse ti sei illuso di aver vinto con il tuo diMartedì la gara con il Ballarò di Massimo Giannini. E invece, ora che Ballarò non c’è più, sarà evidente anche a chi non lo ha capito allora che diMartedì aveva ed ha gli stessi limiti.
Andare in onda su La7 ti ha tenuto al riparo dagli editti dei politici e così vivacchi in un palinsesto che di meglio non ha e difficilmente riesce ad avere.
Martedì mentre fuggivo dalla prima puntata dell’Isola dei famosi, sono passato a vedere che fine ha fatto il tuo diMartedì che, alle carenze strutturali, da quest’anno deve aggiungere l’assenza del centravanti Maurizio Crozza e della sua copertina alza ascolti. Imbarazzante. diMartedì è un talk show imbarazzante, con un conduttore che non ha più nulla da dire nel contesto dei programmi di politica ed attualità in prima serata. Sempre gli stessi ospiti, sempre gli stessi servizi, sempre le stesse rubriche sui pericoli dell’alimentazione, sempre gli stessi Marco Travaglio e Massimo Giannini a parlarsi addosso cercando disperatamente di auto-alimentare un contraddittorio con il fantasma di Matteo Renzi che aleggia da sempre nelle loro vite giornalistiche ma di cui oggi sono orfani in attesa che il fantasma torni in carne ed ossa a fare da bersaglio grosso in qualità di presidente del Consiglio. La strategia del “fantasma Renzi” di mettere al suo posto l’impalpabile Paolo Gentiloni sta funzionando alla perfezione. Non ce la potete proprio fare a prendervela con uno che tiene un profilo comunicativo così basso che i piccioni viaggiatori che usa sono deceduti per totale inattività. Caro Giovanni Floris, diMartedì è imbarazzante perché il suo conduttore va avanti nella sbagliata convinzione che il programma funziona e che lui lo fa funzionare. Non è così. Il programma langue nella sua inconsistenza, nel suo magma giornalistico impalpabile, un miscuglio di ingredienti televisivi slegati e senza alcun appeal. E non saranno certo i continui applausi del pubblico in studio, uno ogni frase quando non uno ogni parola, a rianimarlo. Caro Giovanni Floris, no, non l’hai vinta la sfida con il tuo Ballarò: non c’è più lui ma non ci sei più nemmeno tu.