Uno Mattina e Il caso Spotlight (premio Oscar come miglior film): una analisi sulla puntata del 29/2/2016

Cara Francesca Fialdini, lunedì mattina, a nemmeno un’ora dalla chiusura della cerimonia di assegnazione degli Oscar 2016, voi di Uno Mattina eravate sul pezzo pronti ad offrire una prima panoramica su questo evento dello spettacolo. Questa edizione passerà alla storia del cinema italiano per l’assegnazione dell’Oscar a Ennio Morricone per la colonna sonora del film The Eightful Eight di Quentin Tarantino.

E, giustamente, Uno Mattina ha dedicato a Morricone molto spazio.

Con gli Oscar avete aperto la trasmissione di lunedì 29 febbraio 2016 alle ore 6 e 45 con questa tua introduzione di 1 minuto e 05 secondi:

“Ci godiamo una grande vittoria doppia perché la prima è per il nostro grande Ennio Morricone che ad 87 anni si porta a casa l’ambita stauetta per la colonna sonora di Eightful Eight. Ma già nel 2007 si era aggiudicato l’Oscar, però alla carriera. Finalmente però, dopo sei nomination, riesce a raggiungere questo riconoscimento internazionale che mancava solo nei fatti perché già lo aveva per tutti. E sulla Walk of Fame gli è stata dedicata anche la stella…”.

A questo punto vi siete collegati via Skype con Andrea Purgatori da New York che ha parlato di Morricone nella Walk of fame (per 1 minuto e 2 secondi). Purgatori ha anche parlato di Spotlight, premio Oscar come miglior film e per la sceneggiatura dicendo:

“E’ stato anche un Oscar molto impegnato. Miglior film e miglior sceneggiatura a Spotlight, cioè al film sulla grande inchiesta del Boston Globe sulla pedofilia nella Chiesa americana” (totale 17 secondi).

Né tu né Franco Di Mare avete detto una sola parola su questo film e sul drammatico tema che tratta e la cosa mi ha meravigliato non poco. Cara Francesca Fialdini, al contrario hai ritenuto di intervenire non appena Andrea Purgatori ha parlato della polemica sull’assenza di candidature di artisti afro-americani ed hai detto:

“Le tante polemiche dei giorni che precedevano questa grande serata dove c’era stata se non sbaglio anche un’iniziativa da parte degli attori afro-americani, registi, grandi esclusi ancora una volta”.

Una vera e propria presa di posizione da parte della co-conduttrice di Uno Mattina. Purgatori ha  proseguito parlando delle grandi misure di sicurezza adottate per la manifestazione anche a causa di quella polemica. Ecco intervenire Franco Di Mare che inserisce nel contesto Oscar le primarie repubblicane e democratiche per le presidenziali Usa:

“Approfittiamo della tua presenza per chiederti anche delle elezioni degli Stati Uniti”.

Purgatori dice la sua e si conclude il primo spazio dedicato agli Oscar. Passate a parlare della nuova ricetta del medico di base e del maltempo. Arrivate fino al momento di dare la linea al Tg1 delle ore 7 dicendo che subito dopo il tg sareste tornati a parlare degli Oscar e tu non trattieni il tuo entusiasmo:

“Io sono particolarmente felice per Leonardo Di Caprio. L’ho detto?”.

Franco Di Mare conferma: “Lo hai detto”.

Parte il gingle di Uno Mattina con in più il ruggito di un leone tipo Metro Goldwin Mayer.
Cara Francesca Fialdini, ricapitoliamo. Dopo il primo blocco di trasmissione avete dedicato al miglior film degli Oscar 2016 ben 17 secondi tramite le parole di Andrea Purgatori:

“Miglior film e miglior sceneggiatura a Spotlight, cioè al film sulla grande inchiesta del Boston Globe sulla pedofilia nella Chiesa americana”.

Senza una parola di commento in più.
Uno Mattina riprende dopo il Tg1. Sono le ore 7 e 11 minuti. Come promesso parlate di nuovo degli Oscar con la regia che propone due scritte una sullo schermo della scenografia “Morricone e Di Caprio re degli Oscar” e una in sovra impressione “Tutti gli Oscar nella notte di Los Angeles”.

Ospite in studio Paolo Sommaruga del Tg1 che ha seguito tutta la manifestazione in diretta. Franco Di Mare coinvolge Sommaruga ripartendo dall’Oscar a Morricone e in particolare dalla dedica che il musicista ha fatto alla moglie.
Sommaruga ne parla per 43 secondi e poi Di Mare chiede alla regia di mandare in onda il filmato di Morricone che ringrazia la Academy e fa la dedica alla moglie (1 minuto e 4 secondi).
Breve commento di Sommaruga (35 secondi) e poi tu gli chiedi:

“Un Oscar che avrebbe potuto arrivare molto prima. Perché è arrivato adesso?”

Sommaruga risponde (25 secondi).
Ora però è il momento dell’indispensabile primo commento (1 minuto e 12 secondi) da New York della corrispondente Rai Giovanna Botteri  che ha sottolineato “tutti conoscono Morricone” ed ha parlato del 

“piccolo bigliettino con i ringraziamenti che evidentemente si è scritto all’ultimo momento e il ringraziamento alla moglie con cui è sposato da sessant’anni. Erano davvero tutti commossi”.

Poi ci ha dato la notizia delle notizie sulla vittoria di Leonardo Di Caprio:

“Di Caprio era stato nominato 6 volte e finalmente questa volta ha vinto e Di Caprio ha detto quello che pensava Morricone, non diamo niente per scontato. Neanche questo Oscar può esser dato per scontato”.

Beh, avere a New York una corrispondente che ci racconta cose del genere è davvero un privilegio per noi abbonati Rai.
Cara Francesca Fialdini, tocca di nuovo a te dare la parola a Paolo Sommaruga per un altro aspetto di questi Oscar 2016:

“Ci sono stati però anche grandi esclusi, Paolo…”.

Sommaruga (per 25 secondi) parla della “sconfitta” di Sylvester Stallone nella categoria miglior attore non protagonista. Riprende il microfono Franco Di Mare che domanda a Giovanna Botteri:

“Giovanna? Ma l’Academy è democratica o repubblicana? Perché il secondo Oscar a Inarritu, messicano di fatto, mentre il candidato repubblicano alla Casa Bianca, prossimo probabilmente futuro candidato alla Casa Bianca Donald Trump, immagina già di costruire un muro tra Stati Uniti e Messico”.

Già. Chissà quanti telespettatori di Uno Mattina si stavano chiedendo se gli Oscar sono democratici o repubblicani. Io ad esempio non vedevo l’ora di saperlo e poi di saperlo dalla viva voce della corrispondente Rai da New York Giovanna Botteri che però ha allungato un po’ il brodo tirando fuori la polemica sull’assenza degli afroamericani in nomination (lo avevate già ampiamente detto tu e Purgatori nello spazio iniziale, ma lei non lo sapeva).

Poi ha dato la sua risposta al quesito “politico” di Franco Di Mare:

“Io direi che gli Oscar sono decisamente democratici. E il secondo pianto che la platea si è fatto è per questa immagine che stiamo vedendo adesso Lady Gaga che ha fatto questa splendida canzone per questo film documentario sulla violenza sessuale nei Campus, presentato dal vice presidente Biden. E Lady Gaga era anche lei in lizza per un Oscar non ha vinto l’Oscar ma questa sua interpretazione della canzone ha commosso tutti ed è stata da tutti giudicata come uno dei momenti più forti della serata”.

Totale di questo spazio-Botteri: 1 minuto e 12 secondi.

Cara Francesca Fialdini, il tempo in tv è prezioso ma da telespettatore di Uno Mattina mi sembra che in questo caso lo abbiate sprecato per parlare di cose che non avevano nulla a che fare con l’obiettivo del commento a caldo sulla notte degli Oscar e che avevate dichiarato nero su bianco in sovra impressione:

“Tutti gli Oscar nella notte di Los Angeles”.

Tutti? Boh e pure mah.
Sono le 7 e 17, e ti rivolgi a Sommaruga, “Paolo?”.

Sommaruga parte con una frase che mi fa sperare che finalmente a Uno Mattina è arrivato il momento della sostanza sui contenuti del miglior film. Dopo tanto tempo dedicato al resto, perfino Sommaruga dice:

“Vogliamo parlare anche del miglior film?”.

Franco Di Mare si esprime con un inequivocabile: “Ohhh!”.

Un Ohhh! che mi son detto anch’io che vi seguivo e al quale ho aggiunto un “finalmente”.
Cara Francesca Fialdini, è dal momento in cui sono uscito dal cinema dopo aver visto Il caso Spotlight che ho auspicato che in tv si prendesse spunto da questo film per parlare del dramma dei giovani abusati da preti pedofili e soprattutto del silenzio che per troppo tempo le autorità cattoliche preposte, hanno usato per nascondere questo dramma.
Non credi anche tu che l’uscita di un film come Spotlight possa essere preso come spunto per tenere alta l’attenzione su un tema che merita di essere ricordato anche qualora ci fosse ancora un solo caso al mondo di abuso e di silenzio da parte della Chiesa?
Di certo non era lunedì scorso il momento di una discussione approfondita su questo tema ma da telespettatore di Uno Mattina mi sarei aspettato, da te e dal giornalista di lungo corso Franco Di Mare, un accenno sull’importanza del film, di quella inchiesta e di quanto sia importante quel film per tenere alta l’attenzione sul tema “silenzio sulla pedofilia nella Chiesa”. Non lo avete fatto, anzi, a me il tuo deciso cambio di argomento  è sembrata una fuga da un possibile tema scottante che poteva essere alimentato dalla citazione di Sommaruga e postando il [ video ] ho ironizzato su twitter
per la serie cambiamo subito argomento che questo scotta ecco a voi @francifialdini“. La tua risposta è stata: “sei molto in malafede carotelevip ben oltre la malizia. Che proprio non c’era”.

Ok, ti garantisco, né l’una né l’altra. Ma torniamo alla trasmissione. Sono le 7 e 17, e tu ti rivolgi a Sommaruga, “Paolo?” e Sommaruga dice:

“Vogliamo parlare anche del miglior film? (Franco Di Mare: “Ooooh!”) del film che ha vinto l’Oscar come miglior film. Il caso Spotlight di Tom McCarthy eh, non dico a sorpresa ma quasi. Un grandissimo film poi tutti si aspettavano il trionfo di Inarritu con The Revenant però insomma è anche un film che ci ridà un po’ l’orgoglio…

Cara Francesca Fialdini qui ti inserisci e commenti:

“Beh un record l’ha battuto eh! Un Oscar per il secondo anno di fila”

Sommaruga prosegue:

“Per il secondo anno di fila, rispetto a quello che diceva Giovanna, anche tre anni fa vinse un messicano Alfonso Cuarón  con Gravity, il film con Clooney che galleggiava nello spazio. Il caso Spotlight è un film che ci ridà un po’ l’orgoglio di fare i giornalisti. E’ una specie di Tutti gli uomini del presidente tanti anni dopo. Riguarda insomma l’inchiesta del Boston Globe che portò alla luce alcuni casi di pedofilia nella Chiesa di Boston. Un gran film con Michael Keaton. Un film di impegno civile come si diceva una volta” (totale 47 secondi).

A questo punto non passa un secondo che tu dici:

“Parliamo invece anche dei premi andati alle donne”.

Cara Francesca Fialdini, è qui che da abbonato Rai, telespettatore e anche da blogger televisivo, sono sbottato e ti ho manifestato su twitter tutta la mia insoddisfazione. Perché? Perché secondo me su Spotlight, andavano dette due cose essenziali che si potevano e dovevano dire anche nel poco tempo che ancora avevate a disposizione (magari con la frase di prammatica che si usa in questi casi “E’ un tema importante su cui torneremo dedicandogli più tempo”).

Primo: il tema di Spotlight non è la pedofilia nella Chiesa ma la Chiesa che ha insabbiato casi di pedofilia di oltre 70 preti solo a Boston.

Secondo: L’inchiesta (Premio Pulitzer) del Boston Globe da cui parte il film non riguarda “alcuni casi” come dice Sommaruga ma centinaia di persone giovanissime.

Cara Francesca Fialdini, la funzione del cinema di impegno civile e di denuncia è quella di alimentare la discussione, di lasciare un segno nella memoria collettiva e di far riflettere l’opinione pubblica e gli altri mezzi di comunicazione sui temi importanti per la società.

Quello che avrei voluto da te o da Franco Di Mare è che dopo quelle due frasi standard (di Purgatori e di Sommaruga) ci fosse stato da parte vostra un pensiero, una parola, sull’importanza che ha un film del genere. Forse sono io che idealizzo il ruolo del conduttore/giornalista televisivo. Ho la visione romantica del conduttore/giornalista che fa la domanda che vorrebbe fare un comunissimo telespettatore. Vorrei bandire dalla tv la superficialità e il passare oltre quando ancora non si è detto quello che si deve dire su un tema importante che chiede di essere chiamato per nome e cognome. Mentre la regia mi mostrava i due piani di ascolto tuo e di Di Mare ho sperato in una vostra parola. Speranza vana. Avete deluso un abbonato Rai ed avete perso un telespettatore.

Per concludere qualche numero di sintesi.
Il giorno dopo l’assegnazione dell’Oscar a Spotlight come miglior film, Uno Mattina di Rai 1 gli ha dedicato:

– 17 secondi nel primo spazio e 47 secondi (compresa la tua interruzione) nel secondo spazio.

– 2 frasi standard di due giornalisti (Purgatori “un film sulla grande inchiesta del Boston Globe sulla pedofilia nella Chiesa americana”; Sommaruga “un film che riguarda l’inchiesta del Boston Globe che portò alla luce alcuni casi di pedofilia nella Chiesa di Boston”)

– zero parole dei due conduttori/giornalisti

Cara Francesca Fialdini, una cosa importante sul film a mio avviso Sommaruga l’ha detta:

“Il caso Spotlight è un film che ci ridà un po’ l’orgoglio di fare i giornalisti”.

Resto in attesa di vedere nel cuore di quale tele giornalista italiano farà breccia Spotlight al punto di parlarne in un programma televisivo per tenere alta l’attenzione sul tema e rispondere alla domanda che io mi sono posto da spettatore del film: “Oggi, accade ancora?”.

ps.  Cara Francesca Fialdini, alle 7.21 hai chiuso lo spazio sugli Oscar per passare alla nuova notizia di Uno Mattina:

Cambiamo argomento. Ci dedichiamo all’appello del Papa ieri all’Angelus sui migranti: Non lasciate sola la Grecia e gli altri paesi in prima linea sul fronte dell’accoglienza…

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3 risposte a "Uno Mattina e Il caso Spotlight (premio Oscar come miglior film): una analisi sulla puntata del 29/2/2016"

  1. Sergio Calamandrei 2 marzo 2016 / 07:13

    Caro Akio, ti aspetti troppo dai giornalisti televisivi nostrani.

    A parte gli scherzi, il tuo post, in cui alla maniera di Voltaire simuli di essere un ingenuo spettatore, bene evidenzia i meccanismi di autocensura inconscia (quando va bene) a cui sottostanno i giornalisti che raggiungono posizioni di rilievo. Questi meccanismi sono stati mirabilmente evidenziati da Chomsky che tu ben conosci. Mi permetto di riportare un estratto al riguardo:

    da NOAM CHOMSKY COMUNICAZIONE POLITICA LINGUAGGIO di Paolino Nappi

    Sono, come abbiamo visto, le forze del mercato a dominare il mondo del l’informazione, e non certo una qualche entità occulta. Non vi è cioè alcun “Grande Fratello” che agisca dietro le quinte e che controlli la situazione dal l’alto e in maniera coercitiva. Di fatto, “la censura funziona per lo più come autocensura e viene esercitata non solo da cronisti e commentatori che si adattano alla realtà del la fonte e alle esigenze organizzative dei media, ma anche da coloro che nei media stessi occupano livelli superiori proprio per aver scelto, e spesso interiorizzato, i vincoli imposti dalla proprietà e da altri centri di potere economici e politici”. Questa interiorizzazione dell’ortodossia che, secondo Chomsky, interessa la gran parte degli operatori del settore dell’ informazione a ogni livello gerarchico, è uno dei maggior i punti di forza del sistema propagandistico dei media. La fedeltà ai bisogni e agli interessi delle classi privilegiate è condizione essenziale di successo: Chomsky la definisce talvolta una “onesta subordinazione”. “Nei media, come in altre istituzioni importanti, coloro che non mostrano di condividere i valori e i punti di vista richiesti saranno considerati “irresponsabili”, “ideologici” o comunque persone devianti e tenderanno a esserne esclusi. Le eccezioni non mancano, ma il modello è pervasivo e ampiamente accettato. Coloro che si adattano, magari in forma del tutto onesta, sono liberi di esprimersi senza dover sottostare a un rigido controllo manageriale e potranno correttamente asserire di non subire alcuna pressione al conformismo. Per coloro che hanno adottato i principi richiesti dall’obiettivo istituzionale per cui lavorano, i media sono un luogo di libertà. Vi si possono trovare individui semplicemente corrotti che svolgono il ruolo di “fattorini” dello stato o di qualche altra autorità, ma non è questa la norma. […] La regola è rappresentata dalla convinzione che a prevalere sia la libertà; cosa vera, peraltro, per coloro che hanno interiorizzato i valori e i punti di vista richiesti”.
    Si può perciò affermare che il sistema dei media è costruito in modo che il conformismo sia sempre premiato e il dissenso, al contrario, relegato nelle retrovie della stampa indipendente o ridotto al silenzio. Rispettare le regole del gioco presenta dei vantaggi reali, che vanno al di là delle gratificazioni e dei privilegi: “A uno che scelga di denunciare Gheddafi, i sandinisti, o l’OLP, non viene chiesto di produrre prove credibili. Lo stesso avviene se uno ripete dottrine convenzionali sulla nostra società e sul suo comportamento: per esempio, affermare che il governo degli Stati Uniti persegue il nobile obiettivo di promuovere la democrazia e il rispetto dei diritti umani. Al contrario, un’analisi critica delle istituzioni americane, del loro funzionamento interno e delle loro attività sul piano internazionale, deve soddisfare criteri molto più esigenti: criteri che a volte potrebbero essere a malapena rispettati per sino nelle scienze naturali”. Il duro lavoro della ricerca di una documentazione ampia, l’adduzione di argomenti solidi a favore delle proprie idee, la costruzione di prove rigorose, diventano tutte operazioni superflue se ciò che si vuole affermare è conforme all’opinione prevalente. I costi del dissenso sono estremamente alti: dunque, non ci si può stupire del fatto che le voci veramente indipendenti, nel giornalismo come negli altri campi istituzionali della società americana, siano un’esigua minoranza nel mare magnum del conformismo ideologico.
    D’altronde, le caratteristiche dei media contemporanei sembrano finalizzate proprio a promuovere l’adesione alle convenzioni: nello spazio che intercorre tra due spot pubblicitari, o in settecento parole, non è concesso di affermare nulla che sfidi il punto di vista corrente.

    Tratto da NOAM CHOMSKY: COMUNICAZIONE, POLITICA, LINGUAGGIO di Paolino Nappi, ABSTRACT

    Fai clic per accedere a Nappi.pdf

    • akio 2 marzo 2016 / 07:52

      Caro Sergio, ovviamente condivido la tua scelta di questo estratto e ti ringrazio per averlo inserito come integrazione al mio post. Si, ho letto Chomsky un po’ di tempo fa. Mi hai fatto venire voglia di rileggerlo. L’autocensura inconsapevole è un problema serio del giornalismo. Il non dire tutto. Ma la cosa che a me fa Inc. sono i conduttori/giornalisti tv che hanno sempre una parola in più che in certi casi se la tengono e zitti e mosca. Grazie ancora caro Sergio, per la tua partecipazione. Io certo di fare il blogger tv con onestà per, nel mio piccolo, portare un contributo a chi fa tv. Il parere del pubblico e di chi come me guarda tanta tv dovrebbe essere pane per loro. Invece vogliono solo applausi. Questo blog è seguito anche da addetti ai lavori. Ai signori addetti ai lavori ripeto: non ho nessun secondo fine o preconcetti su niente e nessuno. Guardo la realtà della tv e la commento come so. Punto.

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