Caro Bruno Vespa, guarda che alla fine ti toccherà proprio farla una puntata di Porta a Porta prendendo spunto dal film Il caso Spotlight premio Oscar come miglior film 2016. Per una felice concomitanza comunicativa, la giustizia australiana sta ascoltando in questi giorni, il cardinale australiano George Pell, accusato di aver coperto i preti pedofili negli anni Settanta e Ottanta. Meglio tardi che mai, in questo caso lo scrivo a denti strettissimi. Le vittime australiane hanno scritto al papa e la notizia oggi era sulle home page dei principali siti d’informazione.
Credo proprio che perfino Uno Mattina troverà il tempo di occuparsene, dopo che lunedì scorso ha avuto la grande occasione di essere la prima trasmissione a poter lanciare il tema e l’ha sprecata. Se decidi di prendere spunto dal film Spotlight ti do un aiutino che di certo gradirai.
Caro Bruno Vespa, vai tranquillo, perché l’Osservatore Romano ha già parlato del film e non solo lo ha assolto, ne ha anche oggettivamente riconosciuto il valore di denuncia civile.
Scrive Emilio Ranzato su osservatoreromano.va:
“Vince soltanto due Oscar Il caso Spotlight, ma si aggiudica la statuetta più importante, quella per il miglior film, nonché quella, più prevedibile, per la sceneggiatura firmata da Josh Singer e Tom McCarthy. Per vincere un Oscar come miglior film, insomma, oggi è sufficiente raccontare una buona storia. Il come la si racconta, sul piano visivo, è secondario. Anche meglio, allora, se è una storia vera, risorsa a cui il grande schermo infatti si affida sempre più frequentemente. E Il caso Spotlight è esattamente questo. Un film girato in maniera piuttosto anonima ma con una buona sceneggiatura e su una realtà purtroppo vera e a dir poco scottante come l’abuso di minori da parte di alcuni preti. Non è un film anticattolico perché il cattolicesimo in sé non viene neppure toccato, rischia di essere un film contro la Chiesa perché il tono tende spesso a generalizzare — ma le generalizzazioni sono anche inevitabili quando si devono raccontare storie in sole due ore — però indiscutibilmente è un film che ha il coraggio di denunciare casi che vanno condannati senza alcuna esitazione. E lo fa in modo particolareggiato, sulla scorta di una documentazione sostanzialmente seria e credibile. Un film come Tutti gli uomini del presidente, insomma, rimane ben lontano, ma quello di McCarthy è comunque un buon lavoro e molto poco hollywoodiano” (dall’articolo di Emilio Ranzato su osservatoreromano.va del 29/2/2016)
Sempre sul sito del quotidiano vaticano scrive Lucetta Scaraffia:
Spotlight, che ha vinto l’Oscar, ha una trama avvincente. E non è un film anticattolico, come anche è stato scritto, perché riesce a dare voce allo sgomento e al dolore profondo dei fedeli davanti alla scoperta di queste orribili realtà. Certo, nel racconto non viene dato spazio alla lotta lunga e tenace che Joseph Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e come Papa, ha intrapreso contro la pedofilia nella Chiesa. Ma in un film non si può dire tutto, e le difficoltà che ha incontrato Ratzinger non fanno che confermare la tesi del film, e cioè che troppo spesso l’istituzione ecclesiastica non ha saputo reagire con la necessaria determinazione di fronte a questi crimini. Certo, e lo sappiamo tutti, i bambini sono esseri indifesi, e quindi vittime privilegiate di abusi anche nelle famiglie, nei circoli sportivi, nelle scuole laiche. Gli orchi non portano esclusivamente la veste talare. La pedofilia non deriva necessariamente dal voto di castità. Ma ormai è chiaro che nella Chiesa troppi si sono più preoccupati dell’immagine dell’istituzione che non della gravità dell’atto. Tutto questo non può giustificare la colpa gravissima di chi, visto come rappresentante di Dio, si serve di questa autorevolezza e autorità per approfittare di innocenti. Questo nel film è raccontato bene, dando spazio alla devastazione interiore che questi atti generano nelle vittime, che non hanno neppure più un Dio al quale raccomandarsi, al quale chiedere aiuto. Il fatto che dalla cerimonia degli Oscar sia venuto un appello a Papa Francesco perché combatta questo flagello deve essere visto come un segnale positivo: c’è ancora fiducia nell’istituzione, c’è fiducia in un Papa che sta continuando la pulizia iniziata dal suo predecessore già come cardinale. C’è ancora fiducia in una fede che ha al suo cuore la difesa delle vittime, la protezione degli innocenti (articolo di Lucetta Scaraffia su osservatoreromano.va del 29/2/2016).
Caro Bruno Vespa, ai due articoli vaticani sento solo di dover aggiungere la precisazione su quello che vorrei si dicesse in tv, ovvero, che al dramma dei fatti penalmente puniti si deve aggiungere la gravità dei silenzi delle autorità ecclesiastiche che ancora oggi sono sotto indagine proprio da parte del Vaticano. I giornalisti che non lo fanno sanno di non dire tutta la verità. Si deve parlare dell’omertà delle autorità ecclesiastiche che non deve verificarsi mai più. Ad oggi in tv non ho sentito dire chiaramente che il tema principale di Spotlight è la Chiesa che ha insabbiato casi di pedofilia di oltre 70 preti solo a Boston. Ai giornalisti che vogliono dirlo, non serve nemmeno andare a vedere il film basta anche solo vedere il trailer ufficiale.
Bruno Vespa? Inamovibile su RAI UNO da oltre trent’anni. Solo in Italia, accadono certe cose. Porta a Porta mi ricorda i concili degli dei sull’Olimpo, descritti nell’Iliade di Omero: un trentennale chiacchiericcio sul Nulla.
Giuseppe se mi segui sai che rivolgere la lettera a Vespa è una scelta ironica