Caro Sergio Castellitto, in questi giorni sei il protagonista della campagna pubblicitaria del canale Sky Atlantic HD, un canale dedicato alle serie tv fatte di grandi storie, la cui importanza riassumi così:
“Le storie? La bellezza delle storie è che sono ovunque, in ogni angolo del mondo. Basta sapere ascoltare. E spesso sono lì, dove non ti saresti mai aspettato di trovarle. Hanno solo bisogno di essere raccontate. Ma quando abbiamo trovato la nostra storia, vorremmo, vorremmo che non finisse mai. Staremmo svegli anche tutta la notte soltanto per conoscerne un pezzetto in più. Ma non è forse questo che dovrebbe fare una grande storia? Entrarci dentro, diventare parte di noi, e accompagnarci; per tutta la vita”.
E a proposito di storie, nulla più di In Treatment (da ieri in prima visione in chiaro su La7, il martedì alle 21.15) dovrebbe rientrare in questa tua visione poetica.
In Treatment è già andata in onda su Sky ed è stata immediatamente inserita nelle serie di culto, quindi ieri ho seguito i primi episodi in chiaro con molta curiosità e con grandi aspettative: la curiosità se n’è andata e le aspettative anche. Le sedute psicanalitiche del dottor Giovanni Mari, da te interpretato, sono poco appassionanti e originali sia nei dialoghi che nelle interpretazioni caricaturali ed esagerate di un cast nettamente al di sotto delle prove migliori, composto da Valeria Golino, Barbora Bobulova, Adriano Giannini, Irene Casagrande, Kasia Smutniak, Licia Maglietta e Guido Caprino. Ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo hai detto che In Treatment ha avuto successo
“perché riporta alla parola il suo primato. Dentro la parola ci sono molte immagini. Dentro la parola c’è molta interiorità. E allora, abituati ad un ritmo di racconto così frenetico, così a tutti i costi spettacolare, In Treatment riconduce, come dire, la spettacolarità alla confessione, all’idea della confessione, all’idea di mormorare e di raccontare la propria vita. Io credo che andare in analisi, un po’ sia un atto in qualche modo egoico”.
Caro Sergio Castellitto, parole nobilissime, solo che le confessioni e le vite mormorate di In Treatment sono di una banalità e di una noia paragonabili a quelle della telenovela Legàmi mandata in onda da Rai 1. Chissà, forse mandando in onda un solo episodio da 25 minuti a settimana si potrebbe anche reggere ma vedere di seguito tre episodi di In Treatment non mi avvicina al magnifico e complesso universo della psicoanalisi. Seguendo In Treatment non ho avuto l’impressione di trovarmi davanti a grandi storie che “mi accompagneranno per tutta la vita” e costruite su “parole piene di interiorità” ma mi sono trovato davanti a una sceneggiatura didascalica al servizio della regia scaltra di Saverio Costanzo che gioca sul meccanismo del botta e risposta frenetico. Caro Sergio Castellitto, si, hai capito bene, ho detto frenetico, proprio quello che tu indichi come il primo limite dei racconti a cui la tv ci ha abituato negli ultimi anni. Io non vedo nessuna differenza tra il racconto frenetico e spettacolare degli incidenti della serie tedesca Squadra Speciale Cobra 11 e il frenetico ammasso spettacolare di parole con cui In Treatment racconta storie e tematiche che nella società contemporanea spesso sono messe in crisi dall’overdose di parole. Il più grande limite di In Treatment è di esaltare genericamente l’uso del dialogo terapeutico, standardizzandolo per esigenze narrative e spalmandolo su 35 puntate. Esattamente quello che fa Uomini e Donne di Maria De Filippi.
Ma se non capisci un tubo ne di cinema ,ne di psicologia perché non taci?
Ma se non conosci la grammatica perché scrivi?
Si scrive né di cinema né di psicologia.
Mea culpa, mi sono lasciata trascinare dall’impeto di dirti che non capisci nulla. Fatti un bagnetto di umiltà, e quando vuoi parliamo un pochino di cinema. E magari leggi quello che scrivo 😀 CAPRAAA!
🤣🤣🤣
Io non ho mai insultato nessuno. Con il finale della tua risposta ti qualifichi. E pensare che credevo fossi solo una che non conosce la grammatica!
Caro Akio, la tua non è per niente un’opinione. è una critica supportata dalle motivazioni che hai ritenuto necessarie per supportare quello che dici. Il problema è che sei proprio fuori strada. In Treatment in questa versione italiana non è per niente banale, ma anzi uno dei migliori prodotti mai passati sullo schermo, con una sceneggiatura di impanto teatrale in cui i due personaggi giocano ogni volta una partita a scacchi sul filo della tensione psicologica (altro che le chiacchiere da parrucchiera di Maria De Filippi!). D’altra parte ci arriva da una serie americana, a sua volta basata su un format israeliano che ha tra gli sceneggiatori l’autore di “Un vazer con Bashir”, insomma ci sono belle teste dietro e gli adattatori italiani hanno fatto un ottimo lavoro per caratterizzare personaggi e situazioni per il pubblico italiano. E vorrei dire che anche la recitazione è superba, soprattutto da parte di Castellitto (che non credevo fosse così bravo, ammiratelo soprattutto nei silenzi) ma anche di Kasia Smutniak e degli altri. Siamo lontani anni luce dalle fiction che passano Mamma Rai e zia Mediaset, che fra l’altro hanno ricominciato a trasmettere telenovelas in prima serata…
Caro Giovanni, i dialoghi del primo episodio con Giannini e la Bobulova sono scritti dagli sceneggiatori di Un valzer con Bashir? Che devono fà pè campà! E comunque, io esprimo un’opinione con le mie motivazioni, il mio gusto e la mia cultura televisiva tu ribatti e come vedi ho pubblicato tutti i commenti contrari alla mia opinione perché espressi con misura e correttezza anche se con decisione. Buona visione a tutti i fan di In Treatment. io non sono fra quelli.
Grazie per la risposta. Volevo solo aggiungere, per gli estimatori del serial, una considerazione sugli ascolti. Sì, è vero, eravamo in pochi, ma non dimentichiamo che In Treatment è già passato su Sky e quindi è già “sfruttato”. Ora, in chiaro, va in onda su La7, che quando fa il 4% di share stappa bottiglie di champagne, ma è il prezzo che si paga per le scelte di qualità o quantomeno non allineate alla concorrenza. Poi, parliamo di un format che prevede ogni volta mezz’ora di dialogo in un unico ambiente, senza flashback, né altre azioni (tipo “Scene da un matrimonio” di Bergman)… Alcune persone con cui ho parlato e che hanno esperienze di psicolanalisi mi hanno detto di averlo trovato stancante, proprio perché vi hanno ritrovato lo stress mentale che si prova durante le sedute psocoanalitiche. Insomma, piuttosto impegnativo per il pubblico standard. Ricordiamoci che il bellissimo “Downtown Abbey” (al top come recitazione, sceneggiatura ecc) trasmesso su Rete4 (!) è stato un flop clamoroso. Ma la colpa mica è del telefilm…
ecco, su Downton Abbey siamo perfettamente d’accordo. E comunque pur facendo poco di audice fa oltre il triplo di In treatment. Ma le motivazioni che ho scritto nel post le confermo. Dopo il tuo commento l’ho riletto ed ho visto altre due puntate. Mi annoia, che ci posso fare?
sono pienamente d’accordo con pierpiero79
buona visione anche te, ricordati che ora va in onda alle 23 e non in prima serata perchè alle 21.10 eravate in pochi pochi pochi a vederlo
vorrei saper come posso seguire le puntate di in treatment versione italiana nn ho sky
Ciao Luis, il martedì e mercoledì alle 23.30 su La7
anche sul sito di la7 può seguirlo anche se a clip http://www.la7.it/in-treatment
Non condivido neppure una parola di quello che ha scritto l’estensore di questa “recensione”.Anzi, direi che la serie tv, che ieri ho seguito, ha tute le qualità che qui le vengono negate. Ma proprio tutte.
caro Pierluigi, la mia non è una “recensione” ma solo una opinione, come la tua. Buona visione a te di In Treatment, io me la risparmio. Grazie, Akio.