È stata l’estate dell’Italia campione d’Europa nel calcio e delle 40 medaglie vinte dall’Italia all’Olimpiade di Tokyo. È stata l’estate di Orietta Berti e Fedez in testa alle classifiche con Mille e di molti altri bruttissimi tormentoni musicali. È stata l’estate del ritorno dei talebani alla guida dell’Afghanistan e del tragico ritiro delle truppe americane da Kabul. È stata l’estate del green pass. È stata l’ennesima estate televisiva spenta, senza alcuna novità.
Aspettarsi qualcosa di nuovo dalla programmazione televisiva estiva è ormai, da anni, un’utopia. A cominciare dalla Rai. Una “responsabile di Rai Pubblicità” (che ho prontamente bloccato insieme a certi suoi amichetti televip) è venuta a spiegarmi che fare televisione costa ed è per questo che la Rai manda in onda così tante repliche e non investe in programmi da offrire in estate in prima visione. Il nuovo amministratore delegato Carlo Fuortes, appena insediato, ha detto che la Rai negli ultimi tre anni ha avuto un deficit di 300 milioni di euro, roba da portare i libri in tribunale entro tre o quattro anni. Quindi vorrei dire a quella tipa di Rai Pubblicità: a cosa è servito negli ultimi tre anni risparmiare sulla programmazione estiva? E ancora: i tanto strombazzati risultati di Rai Pubblicità in occasione dei grandi eventi televisivi come il Festival di Sanremo, servono solo a ripagare gli investimenti del singolo evento? E, ultimo ma non ultimo: non si può risparmiare sui costi dell’acquisto di certi format, sui costi di produzione di programmi che fanno flop e sugli ingaggi di certi conduttori, al fine di garantire programmi in prima visione tutto l’anno? Una gestione finanziaria virtuosa si deve poter raggiungere anche con dei palinsesti estivi per la maggior parte in prima visione. Tocca alla nuova governance raggiungere questo obiettivo. Sperarlo è l’unica cosa che può fare l’abbonato che critica la Rai ma le vuole bene.